Parliamoci chiaramente, essere aggrediti in un contesto urbano e quindi non sportivo è una delle cose peggiori che possa capitare.

I rischi sono altissimi, proprio a causa della totale assenza di regole e possibili cattive evoluzioni che questo può portare.

Essere colpiti in punti come gli occhi o i testicoli porterà presto alla fine del combattimento e a possibili tragiche conclusioni.

In realtà possiamo comunque fare molto, soprattutto previo studio e allenamenti costanti, come qui ad Arena Combat siamo soliti fare.

Innanzi tutto è bene capire che una aggressione di questo tipo è molto diversa da un combattimento sportivo.

Questo significa che, saper tirare bene di calci e pugni, gomitate e ginocchiate, o saper lottare a terra sarà certamente un ottimo inizio ma assolutamente non abbastanza.

Le aggressioni urbane, sono situazioni totalmente diverse dalle competizioni sportive, pertanto pubblicizzare un corso di jujitsu o di kick boxing come difesa personale è solo un’altra delle tante menzogne di questo settore.

La realtà è infatti ben più complessa, e richiede oltre a capacita nelle sopracitate discipline, conoscenze specifiche molto più articolate.

Per fare questo, noi ad Arena Combat consentiamo ai nostri iscritti di allenarsi anche nelle nostre classi di pugilato, muay thai e MMA, cosi da dare loro la possibilità di crescere più velocemente in tali discipline e tecniche, per poi approfondire il discorso attacchi multipli e conflitti urbani nelle relative classi di jeet kune do e krav maga.

In particolare, e giusto per dare un’idea senza scendere troppo nello specifico, possiamo però dare quattro elementi su cui un vero corso di difesa personale dovrebbe lavorare nello studio di aggressioni con molteplici avversari:

  1. Tralasciando l’ovvio tentativo di evitare in ogni modo il conflitto e i relativi rischi a cui porterebbe, dando ai nostri aggressori soldi, gioielli o quant’altro di materiale pur di evitare il degenerarsi della situazione, e qualora ci si ritrovi oramai accerchiati e impossibilitati alla fuga (diverso il discorso se avessimo una persona da proteggere) dovremo in ogni modo cercare di evitare un confronto fisico prolungato (pochi secondi potrebbero già essere fatali).

La prima strategia da tentare sarà perciò la seguente: aprirsi una via di fuga nella direzione corretta (porte di uscita, strade e via dicendo) attraverso un attacco a sorpresa, e quindi un ribaltamento della situazione sfruttando l’effetto sorpresa, sia nei tempi (prima degli stessi aggressori), sia nei modi (come accenneremo tra poco).

In questo caso, il vero obbiettivo non sarà quello di neutralizzare mettendo k.o. o bloccando uno dei nostri aggressori, ma soltanto quello di colpirlo, distraendolo o causando un danno che, anche se non definitivo, possa consentirci di aprirci la strada alla fuga.

Per fare questo, sarà importantissimo sia la scelta dell’individuo all’interno del gruppo di aggressori (non necessariamente il più debole fisicamente, ma quello posto spesso più a distanza da noi, quindi apparentemente più tranquillo, e vicino alle vie di uscita)  che la tecnica con cui attaccarlo (dagli straight blast all’helmet, solo per citare alcune delle tecniche più efficaci).

  1. L’Head Clinch o Thai clinch, può essere una delle nostre armi migliori in queste situazioni. Saper controllare un avversario da questa posizione infatti può divenire fondamentale non solo per renderlo inefficace, ma ancor più per manipolarlo e muoverlo e spostarlo (oltre che colpirlo) a nostra discrezione.

Differente quindi dal classico thai clinch, nel quale l’attenzione è posta solo sull’avversario stesso, in un combattimento urbano, ancor più se con numerosi avversari, il focus del nostro lavoro in clich andrà ad essere ancora una volta nel movimento a 360 gradi, modificando lo stesso clinch con inserimenti di hair grab, eye jab, testate e numerose altre tecniche.

Fondamentale più di ogni altra cosa saper muovere in maniera corretta l’avversario (molto differentemente da come avviene nella muay thai) per impedirgli di colpire, tentare di portarci al suolo, e soprattutto usarlo nella nostra via di fuga.

  1. L’arte del Kino Mutai. Queste tecniche, molto poco conosciute e provenienti dal kali filippino e poi rielaborate e applicate nello streef fighting da Guru Dan Inosanto e Paul Vunak, consistono nel mordere prolungatamente e colpire agli occhi.

Essendo queste tecniche, soprattutto quelle relative ai morsi,  estremamente pericolose sia per quanto riguarda il danno arrecato, che per i rischi che può comportare avere il sangue di uno sconosciuto in bocca, sono da utilizzare solo ed esclusivamente in casi di vita o di morte.

Come ho avuto personalmente il piacere di approfondire insieme al mio allenatore e tecnico di Arena Combat Luigi, nel nostro stage in Svizzera alla corte di Sifu Paul Vunak e Martial Zapata, queste tecniche estreme possono davvero cambiare le sorti di una situazione tragica, a patto di sapere come e dove applicarle.

Il lavoro che c’è dietro è infatti molto più profondo e complesso di quanto possa far pensare in un primo momento, ma potrà davvero consentire in situazioni di estrema difficoltà di salvarci la vita.

  1. Il concetto di equalizzatore. Cosi come nel combattimento armato, alla stessa maniera in una aggressione massiva potrà divenire estremamente importante trovare un oggetto, anche e probabilmente di utilizzo comune, che possa aumentare le nostre possibilità di offesa.

Ombrelli, bicchieri, bottiglie ma anche semplici penne o chiavi e tutto ciò che sarà di facile acquisizione nei primissimi istanti, potranno moltiplicare enormemente le nostre chance di salvezza. Pur senza dimenticare l’obiettivo primario che, salvo situazioni di protezione di terze persone, dovrà essere necessariamente la fuga.

In conclusione, in quello che voleva solo essere un piccolo accenno alla difesa personale reale, e ai conflitti contro più aggressori, ricordate sempre la regola numero 1, ovvero che evitare il conflitto è la cosa più saggia.

Qualora non si riesca o possa, c’è comunque molto da poter fare, previo però grande e serio allenamento e studio non delle sole e semplici discipline sportive, che possono al contrario trarre in inganno. Darci cioè una finta convinzione di sicurezza e preparazione salvo capire, quando potrebbe essere troppo tardi, che la strada non è un ring, un tatami o una gabbia.

Diffidate perciò da chi si inventa “istruttore di difesa personale” o abbia semplicemente conoscenze in una o più semplici discipline sportive, ne va della vostra sicurezza!

Qualunque sia il vostro obbiettivo, impegno, costanza, e lealtà! Buon allenamento!